Era bello vivere in stazione
Sta giungendo quasi alla fine
l’appassionante viaggio attraverso le strade ferrate abbandonate e
vecchie stazioni cadute in disuso per incuria, a volte, per precisa
scelta politica nella stragrande maggioranza dei casi. Voci dalla
Pedemontana Friulana.
pubblicato il 23 agosto 2015 su "La Città Futura" settimanale on line
Il sindaco di Vito
d’Asio ci raggiunge per colazione e, prima di raccontarci qualcosa, ci
consegna un cd con alcune fotografie storiche. Il suo è un piccolo
comune di 800 abitanti, composto di 5 frazioni ma con una superficie di
ben 53 kmq. Si lamenta dei numerosi tagli imposti agli enti locali come
quelli alla sanità e ai trasporti. “Ci sono bimbi che devono fare 20 km
per andare a scuola o pensionati che ne fanno 15 per ritirare la
pensione”. Poi cominciamo a parlare della ferrovia. “Fu il conte Ceconi,
partito da qui analfabeta all’età di 18 anni e tornato ricco
impresario, distintosi in diverse costruzioni ferroviarie, a far in modo
che il tracciato della Pedemontana passasse proprio per questi
territori”. La linea non attraversa il territorio comunale ma la fermata
nella zona di Flagogna porta il doppio nome di Forgaria-Bagni Anduins,
quest’ultima frazione di Vito d’Asio e luogo termale conosciuto fin dal
XV secolo. Dai primi del ‘900, realizzato un vero e proprio stabilimento
balneare, un gran numero di persone raggiungeva la zona proprio in
treno: era un lungo torpedone di turisti verso queste fonti solforose
per le cure termali. “Bisogna prevedere lo sviluppo delle aree
ferroviarie come le ex stazioni, ragionare su questo insieme a tutti i
paesi attraversati; ad esempio, si potrebbero creare dei punti di
accoglienza o tanto altro. Credo che vada investito molto sul trasporto
delle merci anche se la volontà delle FS va in senso inverso e le strade
sono piene di TIR. Non possiamo puntare solo sul turismo e diventa
quindi fondamentale garantire collegamenti tra la ferrovia ed i centri
abitati proprio per permettere ed incentivare l’uso del treno”. Si
ragiona che oltre i costi economici ci sono pure quelli sociali e,
quando si parla di sanità o trasporti, i primi diventano secondari
rispetto agli altri. “Era evidente che la linea fosse già depressa ed in
sofferenza prima della frana che ne ha sancito la sospensione ma, come i
treni circolavano vuoti, così oggi lo sono le corriere,
fondamentalmente perché gli orari sono sbagliati”. Un ricordo del
passato ci riporta a quando gli uomini che emigravano alla ricerca di un
lavoro venivano accompagnati dalle mogli alla stazione mentre queste
facevano la maglia o, ancora, quando qualcuno prima di espatriare si
fermava a pregare vicino al ponte sull’Arzino.
Ringraziamo e
salutiamo il sindaco che ci presenta Francesco, figlio dell’ultimo
capostazione di Forgaria-Bagni Anduins. Il fabbricato, composto
dall’ufficio movimento e biglietteria, sala d’attesa e due appartamenti
in cui vivevano 10 persone, venne seriamente danneggiato dal terremoto
del ’76 ed abbattuto subito dopo. Vi erano due binari più un tronchino
per i materiali, 14 corse al giorno più i merci e molte tradotte
militari almeno fino alla fine degli anni ’50, essendoci nella valle
diverse caserme. “Mio padre si doveva occupare anche di fare i biglietti
e questa era l’unica abilitata alla vendita di quelli internazionali,
perché da qui partivano migliaia di persone alla ricerca di un futuro
migliore”. Una terra di emigranti, aspetto da non trascurare pensando
all’attualità, e proprio per permetterne il ritorno a casa spesso
venivano fatte delle corse supplementari. Si divertiva da bambino ad
aiutare il papà, chiudendo ed aprendo i segnali, o facendo piccola
manutenzione come oliare ed ingrassare gli ingranaggi. “Era bello vivere
in stazione. Mi ricordo da bambino di un militare di Porto Torres, tale
Pistidda Antonio”- un brivido di emozione lo attraversa - “eravamo
diventati amici, non lo scorderò mai. Questi militari spesso ci
regalavano caramelle e cioccolata e io facevo i salti dalla gioia; poi
ci mostravano le armi che per noi bimbi erano qualcosa di
meravigliosamente affascinante, sai tutti da piccoli abbiamo giocato a
fare la guerra”. E’ scettico sul fatto che la linea possa tornare a
vivere anche se gli piacerebbe molto; purtroppo oggi tutti usano
l’automobile. Torniamo ai ricordi personali: “Essendoci molti emigranti
anche la posta arrivava via treno e l’addetto allo smistamento aveva uno
specifico triciclo con un cassone per consegnarla. Così io usavo quel
triciclo per portare i bagagli di chi ritornava da fuori e loro in
cambio mi facevano dei regalini”. Francesco è visibilmente commosso,
siamo contenti di averlo conosciuto e prima di abbandonarci ci racconta
ancora un paio di aneddoti, quello che questa ferrovia ha rappresentato
per tanti uomini e donne che come lui l’hanno vissuta intensamente. “I
miei nonni vivevano a Maiano ed io ci andavo spesso in bicicletta lungo
lo stradello che costeggia i binari”; e poi, ancora: “Ai tempi della
scuola ho studiato a Gemona ed ovviamente la raggiungevo, insieme a
tantissimi altri ragazzi, in treno, capitava alcune volte che non
riuscivo a prenderlo e così ci voleva molto più tempo perché dovevo
usare la corriera”.
Il sole è già alto da
tempo e dobbiamo metterci in marcia, anche se la tappa odierna risulta
abbastanza breve e poi, ad Osoppo, dovremo prendere una decisione
importante. Prima di avviarci, però, salutiamo Toni, il proprietario del
nostro alloggio, uomo di grande esperienza e profonda conoscenza che ci
riempie di perle di saggezza. “Come si dice da queste parti, io ho
fatto la prima comunione tanti anni fa, in queste terre vi era
abbondanza di miseria e così me ne sono andato, ho visitato il mondo,
fatto mille esperienze e sono soddisfatto della mia vita perché so
riconoscere il male ed il bene”. Fra le molte attività che ha svolto vi è
quella di edile, così ci mostra una magnifica cantina, costruita tutta a
mano da lui stesso, che conserva una ricca ed antica collezione di
vini. “Sentite come è fresco? Qua è tutto naturale non servono
condizionatori. Ora andate e ricordate, fate oggi e non rinviate a
domani”.
Nel frattempo un
quarto camminatore si è unito al gruppo ma ci mettiamo in viaggio ed
approfondiremo la conoscenza più tardi. In un attimo ci troviamo così
sul Tagliamento; dopo averlo costeggiato per chilometri finalmente la
ferrovia lo attraversa in un punto particolare. Un primo ponte in
travate di ferro, che mostra evidentemente i segni del tempo, collega la
sponda occidentale con la grande isola che si trova al centro del corso
d’acqua. Per anni l’unico collegamento esistente in questo luogo era
esclusivamente la via ferrata, ora a fianco sorge anche una strada. Il
panorama magnifico attira tutta la nostra curiosità, le azzurre acque ci
invitano ad una nuotata, la vegetazione rigogliosa ad una sosta e le
Alpi sembrano a portata di mano. Attraversiamo il secondo ponte, sempre
in travate, che è stato però sostituito recentemente, e giungiamo sulla
sponda orientale. Questi sono i luoghi della prima guerra mondiale ed il
Tagliamento rappresentava uno dei punti di sbarramento: la ritirata
dell’esercito italiano doveva essere coperta con la distruzione dei due
ponti ferroviari che però avvenne soltanto in parte per difettosa
sistemazione delle mine e per scarsità d'esplosivo, e così gli austriaci
poterono penetrare nelle linee italiane.
Davide è di Osoppo ed
ha 27 anni, anche lui si è mostrato da subito interessato al nostro
piccolo pellegrinare e, da grande amante ed appassionato di treni e
ferrovia, ha deciso di unirsi a questa camminata. Solare, simpatico e
molto allegro, tra una traversa e l’altra ci racconta un po’ di lui. “Ho
studiato a Gemona ma non ci sono mai potuto andare in treno in quanto
già dalla fine degli anni novanta non vi erano corse infrasettimanali
per la parte orientale della pedemontana. Eravamo così costretti a
prendere i bus che erano sempre affollati e spesso capitava di non
riuscire a salire e dover prendere il successivo”. Le scuole superiori
sorgono a circa un chilometro dalla stazione eppure non esistono
collegamenti ferroviari che possano portare i numerosi studenti della
zona. E’ convinto che il problema non sia quello economico ma la
mancanza di fantasia e di idee di chi gestisce; secondo lui bisogna
puntare sul turismo e sullo sviluppo del territorio cercando di attirare
viaggiatori e ci fa l’esempio del Mi.co.tra che, offrendo il servizio
treno+bici con un’intera carrozza dedicata a questo, ha visto affluire
grossi flussi turistici dall’Austria e dintorni sulla direttrice
Tarvisio-Udine. “Una buona parte di questo flusso potrebbe essere
incanalato sulla Gemona-Sacile che offre paesaggi altrettanto
affascinanti e piste ciclabili, se solo vi fosse un treno che riportasse
indietro i ciclisti. Sapete, invece, questa linea, quando ancora
funzionava, in estate veniva chiusa e così anche l’opportunità turistica
o di svago svaniva”.
Della ex fermata di
Cimano ormai non resta più nulla ed infatti non ci accorgiamo neanche di
superarla, lo capiamo solamente quando arriviamo a Maiano, la penultima
stazione del viaggio. Il fabbricato viaggiatori è sigillato ed in
pessimo stato, con le pareti che perdono pezzi di intonaco. In compenso i
tre binari sembrano efficienti ed in parte utilizzati, non presentando
lo strato di ruggine depositato sulle rotaie che ci accompagna
dall’inizio del viaggio. Il piazzale dello scalo merci è ingombro di
materiale ferroviario, traverse rotaie e addirittura le travate di un
ponte, non sappiamo se rimaste qui in giacenza per lavori previsti e non
più effettuati o semplicemente accantonati come se fosse un magazzino.
Tutto lascia pensare, comunque, che ogni tanto qualche convoglio della
manutenzione giunga fino a qui.
A Rivoli sorge il
consorzio CIPAF, un grosso polo industriale composta da diverse
fabbriche ed aziende che da’ lavoro ad oltre duemila operai. Le merci
vengono trasportate via ferrovia; vi è infatti un raccordo fra la zona
industriale e la stazione. Questo è l’unico tratto ancora in funzione di
tutta la Pedemontana del Friuli. L’area industriale sorge proprio nelle
immediate vicinanze della strada ferrata ma non esiste nè una fermata
nè tanto meno un treno che possa portare i lavoratori nell’impianto.
Il segnale di
protezione della stazione di Osoppo è acceso e con luce rossa, un chiaro
messaggio anche per noi: la via è impedita, anche perché da questo
punto la circolazione, pur se solo per i merci, è ancora attiva.
Percorriamo gli ultimi metri con in testa alcune idee e qualche speranza
mentre la discussione fra noi è accesa, ormai è il momento di capire
come coprire gli ultimi quattro chilometri che ci separano dalla nostra
destinazione finale.
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