mercoledì 30 gennaio 2013

italia 150. Viaggio nelle regioni "minori"

VERSO SUD....


E’ ora di riprendere il viaggio. Ce la prendiamo comoda anche questa volta. L’abbondante colazione del Bed and Breakfast ci dà l’energia per poter partire, il sole è già alto da tempo. Pedaliamo lungo la via centrale di Villetta Barrea, poi subito una deviazione. Salita, 2 km per giungere a Civitella Alfedena, una partenza non proprio ideale. Incrociamo un gruppo di ciclisti in senso inverso, salutano e mi incitano ad andare avanti, Francesco è già in fuga. Il piccolo comune è proprio sulla sommità. Arrivo accusando un po’ la breve ma rapida ascesa. Sostiamo nel
parco cittadino dove alcuni bimbi giocano a pallone. La vista sull’intera vallata, dominata dal lago di Barrea ed immersa nel verde di rigogliose foreste, è eccezionale, gli sforzi sono ripagati. Percorriamo le graziose vie medievali, poi giù in discesa, un attimo e siamo sulle azzurre acque del bacino idrico. Ci fermiamo per qualche foto sul lungo ponte che collega le due sponde contemplando la pace e tranquillità del luogo.
Barrea è il terzo comune della zona e sorge un centinaio di metri al di sopra dell’omonimo lago. Borgo medievale costituto da una cinta difensiva formata da case-mura prive di aperture verso l'esterno e dotato di due soli accessi ben difesi. Entriamo nel centro storico dalla porta di sopra, scendiamo dalle bici e passeggiamo per le strette vie pedonali. I vicoletti si inerpicano fra le mura di pietra degli edifici con numerosi gradini ricavati dalla roccia, un piccolo slargo in cui sorge la chiesa di S. Tommaso la cui campana suona in continuazione. Antiquarium della Civiltà Safina, è scritto su un cartello, ci fermiamo a guardare, una simpatica signora ci invita ad entrare. L’esposizione raccoglie corredi funerari risalenti al VI secolo a.C., rinvenuti durante gli scavi alla necropoli in località "Colle, Ciglio" di Barrea. Guardiamo gli oggetti custoditi e Lucia ci racconta la storia del paese. L’alta valle del Sangro è stata periodicamente frequentata dall’uomo preistorico come dimostrano i numerosi strumenti rinvenuti nel suo territorio. In epoca preromana il fondovalle fu colonizzato ed abitato dalla tribù sannita dei Pentri. I Sanniti erano una potente popolazione italica, organizzata in una confederazione di tribù che controllava, nella parte centro-meridionale della penisola il più esteso "stato". L’espansione dei Romani portò inevitabilmente alla scontro che si concluse con la terza guerra sannita (298-290 a.C.), e che segna il declino dei fieri guerrieri italici e l'affermarsi della trionfale egemonia di Roma, avviata a diventare padrona del Mediterraneo e del mondo. E’ una donna a cui piace molto parlare, cortese, intelligente e simpatica. Prosegue nel suo racconto descrivendo le altre epoche da quella medievale a quella moderna. Nel novecento l’emigrazione spopolò Barrea, nella seconda guerra mondiale qui passava la famosa “linea Gustav” ed infine la creazione del lago artificiale, agli inizi degli anni ’50, cambiò radicalmente l’aspetto della valle ed ebbe un forte impatto sull’economia locale determinando la perdita dei terreni più fertili e di diversi impianti produttivi, in particolar modo gli opifici che per secoli avevano caratterizzato questo scorcio di Appennino meridionale.
Passiamo più di un’ora dentro il museo in sua compagnia, l’orologio segna già l’una e per noi è ora di riprendere il viaggio. Chiediamo cortesemente indicazioni per Isernia, ci suggerisce di proseguire e poi di prendere la vecchia stradale che ormai è poco o nulla trafficata. Si sale, l’ambiente diventa più selvaggio e brullo, il sole comincia a farsi sentire e togliamo le magliette per prendere un’abbronzatura quasi decente. Nessun rumore intorno a noi, è piacevole pedalare in questo contesto se non fosse per il troppo caldo. Sotto di noi compare Alfedena, in lontananza una lunga e dritta lingua d’asfalto costeggiata da alberi, deve essere la strada che ci conduce all’incrocio con la statale. Attraversiamo il centro della cittadina di origine sannitica e proseguiamo verso il molise.
La vecchia statale, la n.17 che risale al periodo napoleonico, costeggia una nuova e moderna strada a 4 corsie dove le auto sfrecciano veloci diritte a destinazione senza curarsi del tragitto. Noi ovviamente optiamo per la strada ormai in stato di semiabbandono, poco traffica e a cui margini nascono le prime piante. Solo il rombo di alcuni motociclisti, che su questi percorsi possono godere appieno dei loro bolidi, rompe quella cappa di silenzio che ci avvolge. Siamo ormai in terra molisana nei pressi di quello che viene considerato il confine fra centro e sud Italia. Intravedo le prime abitazioni e comincia un discreto dislivello, un piccolo “strappo” che allunga notevolmente la distanza fra me e Francesco. Lo raggiungo sulla piazzetta di Rionero Sannitico dove lo trovo intento a conversare con un vecchietto. Dopo le domande di rito sulla nostra provenienza e destinazione, un po’ sorpreso di scoprire che veniamo in bici da Roma, ci indica una fontanella dove rifornirci e ci comunica che ad Isernia manca poco e che è tutta discesa a parte il Macerone. Poco più avanti immortaliamo il cartello che recita “Valico Rionero Sannitico m 1057 s.l.m.” è il secondo passo che attraversiamo in questo viaggio.
Si procede a folle velocità, in discesa come piace a me. Il tachimetro segna 60 orari, l’adrenalina scorre nelle vene, ma un istante di lucidità ti spinge a frenare prima di ogni curva. Maciniamo chilometri, ma svariati bivi ci costringono a fermarci per capire che direzione prendere. E’ ad uno di questi incroci, mentre siamo impegnati a discutere sul da farsi, che compare da una stradina laterale un omino con un cappello ed un lungo bastone. Ci saluta cortesemente e si offre di aiutarci. Dice che possiamo girare per Forlì del Sannio e prendere la superstrada oppure proseguire dritti ma alla fine della discesa vi sono alcuni chilometri di salita molto tosti, poi aggiunge che su quest’ultima strada c’è una ottima trattoria e che magari può ospitarci per la notte. Ringraziamo il signore che intanto ha ripreso la sua camminata. Guardiamo l’orologio, ancora diverse ore di luce, si prosegue.
La discesa termina bruscamente dopo un tornante, davanti ai miei occhi un “muro”, una pendenza intorno al 10%, le gambe che faticano, il fiatone dalla bocca, il sudore che inzuppa la maglietta. 500 metri e devo già fermarmi, arranco e soffro. Francesco se ne va in solitaria ci vedremo sulla cima. L’incubo prosegue, la media è intorno a 4 orari ed è un miracolo che non scenda a spingere. Ogni mezzo chilometro una sosta, i tempi di ripresa che si dilatano ed i minuti che scorrono inesorabili. 3,5 km che in realtà mi sembrano un centinaio, una pendenza media del 7.5% e la cima che non arriva mai. Poi ecco la “luce”, sull’asfalto disegnati a gesso i metri che mancano, Francesco in lontananza che sorride e mi spinge a continuare, la linea del gran premio della montagna dell’ultimo giro d’Italia che ha fatto tappa da queste parti. Distrutto, poggio la bici e mi sdraio sull’asfalto a rifiatare, solo dopo mi guardo intorno. Il cartello con la scritta del passo, Isernia ai nostri piedi ed un monumento al genio ferrovieri per il contributo all’unità d’Italia nella battaglia del Macerone. Battaglia vinta dalle forze unitarie e decisiva per la compromissione delle sorti militari del Regno delle Due Sicilie.
Ormai è un planare fin dentro la città di origine sannita e tappa odierna. L’euforia dell’essere arrivati a destinazione e potersi concedere così un po’ di riposo, un alloggio e la visita del capoluogo è interrotta dalla prima foratura del viaggio. La ruota posteriore della bici di Francesco è a terra proprio sotto il cartello che recita “Isernia”, un ultimo sforzo per questa giornata ricca di eventi. Giornata che terminerà molto tardi, scopriamo infatti che oggi si terrà la notte bianca.

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