VERSO SUD....
E’
ora di riprendere il viaggio. Ce la prendiamo comoda anche questa volta.
L’abbondante colazione del Bed and Breakfast ci dà l’energia per poter partire,
il sole è già alto da tempo. Pedaliamo lungo la via centrale di Villetta
Barrea, poi subito una deviazione. Salita, 2 km per giungere a Civitella Alfedena, una
partenza non proprio ideale. Incrociamo un gruppo di ciclisti in senso inverso,
salutano e mi incitano ad andare avanti, Francesco è già in fuga. Il piccolo comune
è proprio sulla sommità. Arrivo accusando un po’ la breve ma rapida ascesa.
Sostiamo nel
parco cittadino dove alcuni bimbi giocano a pallone. La vista
sull’intera vallata, dominata dal lago di Barrea ed immersa nel verde di
rigogliose foreste, è eccezionale, gli sforzi sono ripagati. Percorriamo le graziose
vie medievali, poi giù in discesa, un attimo e siamo sulle azzurre acque del
bacino idrico. Ci fermiamo per qualche foto sul lungo ponte che collega le due
sponde contemplando la pace e tranquillità del luogo.
Barrea
è il terzo comune della zona e sorge un centinaio di metri al di sopra dell’omonimo
lago. Borgo medievale costituto da una cinta difensiva formata da case-mura
prive di aperture verso l'esterno e dotato di due soli accessi ben difesi. Entriamo
nel centro storico dalla porta di sopra, scendiamo dalle bici e passeggiamo per
le strette vie pedonali. I vicoletti si inerpicano fra le mura di pietra degli
edifici con numerosi gradini ricavati dalla roccia, un piccolo slargo in cui
sorge la chiesa di S. Tommaso la cui campana suona in continuazione. Antiquarium
della Civiltà Safina, è scritto su un cartello, ci fermiamo a guardare, una
simpatica signora ci invita ad entrare. L’esposizione raccoglie corredi funerari
risalenti al VI secolo a.C., rinvenuti durante gli scavi alla necropoli in
località "Colle, Ciglio" di Barrea. Guardiamo gli oggetti custoditi e
Lucia ci racconta la storia del paese. L’alta valle del Sangro è stata
periodicamente frequentata dall’uomo preistorico come dimostrano i numerosi
strumenti rinvenuti nel suo territorio. In epoca
preromana il fondovalle fu colonizzato ed abitato dalla tribù sannita dei
Pentri. I Sanniti erano una potente popolazione italica, organizzata in una
confederazione di tribù che controllava, nella parte centro-meridionale della
penisola il più esteso "stato". L’espansione dei Romani portò
inevitabilmente alla scontro che si concluse con la terza guerra sannita (298-290 a.C.), e che segna il
declino dei fieri guerrieri italici e l'affermarsi della trionfale egemonia di
Roma, avviata a diventare padrona del Mediterraneo e del mondo. E’ una donna a
cui piace molto parlare, cortese, intelligente e simpatica. Prosegue nel suo
racconto descrivendo le altre epoche da quella medievale a quella moderna. Nel
novecento l’emigrazione spopolò Barrea, nella seconda guerra mondiale qui
passava la famosa “linea Gustav” ed infine la creazione del lago
artificiale, agli inizi degli anni ’50, cambiò
radicalmente l’aspetto della valle ed ebbe un forte impatto sull’economia locale
determinando la perdita dei terreni più fertili e di diversi impianti
produttivi, in particolar modo gli opifici che per
secoli avevano caratterizzato questo scorcio di Appennino meridionale.
Passiamo
più di un’ora dentro il museo in sua compagnia, l’orologio segna già l’una e
per noi è ora di riprendere il viaggio. Chiediamo cortesemente indicazioni per
Isernia, ci suggerisce di proseguire e poi di prendere la vecchia stradale che
ormai è poco o nulla trafficata. Si sale, l’ambiente diventa più selvaggio e
brullo, il sole comincia a farsi sentire e togliamo le magliette per prendere
un’abbronzatura quasi decente. Nessun rumore intorno a noi, è piacevole
pedalare in questo contesto se non fosse per il troppo caldo. Sotto di noi
compare Alfedena, in lontananza una lunga e dritta lingua d’asfalto costeggiata
da alberi, deve essere la strada che ci conduce all’incrocio con la statale.
Attraversiamo il centro della cittadina di origine sannitica e proseguiamo
verso il molise.
La
vecchia statale, la n.17 che risale al periodo napoleonico, costeggia una nuova
e moderna strada a 4 corsie dove le auto sfrecciano veloci diritte a
destinazione senza curarsi del tragitto. Noi ovviamente optiamo per la strada
ormai in stato di semiabbandono, poco traffica e a cui margini nascono le prime
piante. Solo il rombo di alcuni motociclisti, che su questi percorsi possono
godere appieno dei loro bolidi, rompe quella cappa di silenzio che ci avvolge. Siamo
ormai in terra molisana nei pressi di quello che viene considerato il confine
fra centro e sud Italia. Intravedo le prime abitazioni e comincia un discreto
dislivello, un piccolo “strappo” che allunga notevolmente la distanza fra me e
Francesco. Lo raggiungo sulla piazzetta di Rionero Sannitico dove lo trovo
intento a conversare con un vecchietto. Dopo le domande di rito sulla nostra
provenienza e destinazione, un po’ sorpreso di scoprire che veniamo in bici da
Roma, ci indica una fontanella dove rifornirci e ci comunica che ad Isernia
manca poco e che è tutta discesa a parte il Macerone. Poco più avanti
immortaliamo il cartello che recita “Valico Rionero Sannitico m 1057 s.l.m.” è
il secondo passo che attraversiamo in questo viaggio.
Si
procede a folle velocità, in discesa come piace a me. Il tachimetro segna 60
orari, l’adrenalina scorre nelle vene, ma un istante di lucidità ti spinge a
frenare prima di ogni curva. Maciniamo chilometri, ma svariati bivi ci
costringono a fermarci per capire che direzione prendere. E’ ad uno di questi
incroci, mentre siamo impegnati a discutere sul da farsi, che compare da una
stradina laterale un omino con un cappello ed un lungo bastone. Ci saluta
cortesemente e si offre di aiutarci. Dice che possiamo girare per Forlì del
Sannio e prendere la superstrada oppure proseguire dritti ma alla fine della
discesa vi sono alcuni chilometri di salita molto tosti, poi aggiunge che su
quest’ultima strada c’è una ottima trattoria e che magari può ospitarci per la
notte. Ringraziamo il signore che intanto ha ripreso la sua camminata. Guardiamo
l’orologio, ancora diverse ore di luce, si prosegue.
La
discesa termina bruscamente dopo un tornante, davanti ai miei occhi un “muro”,
una pendenza intorno al 10%, le gambe che faticano, il fiatone dalla bocca, il
sudore che inzuppa la maglietta. 500 metri e devo già fermarmi, arranco e
soffro. Francesco se ne va in solitaria ci vedremo sulla cima. L’incubo
prosegue, la media è intorno a 4 orari ed è un miracolo che non scenda a
spingere. Ogni mezzo chilometro una sosta, i tempi di ripresa che si dilatano
ed i minuti che scorrono inesorabili. 3,5 km che in realtà mi sembrano un centinaio,
una pendenza media del 7.5% e la cima che non arriva mai. Poi ecco la “luce”,
sull’asfalto disegnati a gesso i metri che mancano, Francesco in lontananza che
sorride e mi spinge a continuare, la linea del gran premio della montagna
dell’ultimo giro d’Italia che ha fatto tappa da queste parti. Distrutto, poggio
la bici e mi sdraio sull’asfalto a rifiatare, solo dopo mi guardo intorno. Il
cartello con la scritta del passo, Isernia ai nostri piedi ed un monumento al
genio ferrovieri per il contributo all’unità d’Italia nella battaglia del
Macerone. Battaglia vinta dalle forze unitarie e decisiva per la compromissione
delle sorti militari del Regno delle Due Sicilie.
Ormai
è un planare fin dentro la città di origine sannita e tappa odierna. L’euforia
dell’essere arrivati a destinazione e potersi concedere così un po’ di riposo,
un alloggio e la visita del capoluogo è interrotta dalla prima foratura del
viaggio. La ruota posteriore della bici di Francesco è a terra proprio sotto il
cartello che recita “Isernia”, un ultimo sforzo per questa giornata ricca di
eventi. Giornata che terminerà molto tardi, scopriamo infatti che oggi si terrà
la notte bianca.
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