sabato 7 aprile 2012

Terza classe

Racconto finalista del concorso letterario "In Carrozza" e pubblicato nella V RACCOLTA ANTOLOGICA della Montegrappa Edizioni "LES CAHIERS DU TROSKIJ CAFE'


 
Caldo insopportabile ma anche freddo impensabile, un odore inconfondibile e un vociare ininterrotto. Donne e bambini, giovani ed anziani, un miscuglio di gente proveniente da ogni dove. Così è apparso ai nostri occhi un treno russo. Viaggeremo in terza classe, viaggeremo in platskart. Non esiste modo migliore, più emozionante ed economico, per scoprire questo smisurato paese che va dai confini con l'Unione Europea alla Cina, attraversando fusi orari e paesaggi diversi, passando dalla metropoli moscovita alla deserta Siberia.


Le avventure iniziano ben prima di salire a bordo e anche comprare un biglietto non è cosa da tutti i giorni. Dopo una lunga e paziente fila l'impiegata, una bella e giovane ragazza, resta colpita dal foglietto che le consegno. L’inglese qui è poco diffuso e non parlando russo ci siamo dovuti organizzare nel migliore dei modi possibili. Ho scritto su un foglio di carta, in cirillico perfetto, tutte le informazioni necessarie per l'acquisto del biglietto. Giorno, orario, destinazione e soprattutto la classe del treno. Restiamo in attesa del fatidico Da. Dopo un rapido controllo al terminale è Niet il suono che ascoltiamo. Ci rendiamo conto che qualcosa non va ma le spiegazioni della cortese addetta restano parole incomprensibili per noi. Con gesti vari e pochissimi rudimenti di russo cerchiamo di risolvere la questione. I nostri modi goffi, gentili e divertenti e il nostro gesticolare provocano ilarità e compiacenza, tanto che incredibilmente riusciamo a comprenderci. La nostra fatica è ricompensata con i due posti desiderati.

Ammiro fra le mie dita il biglietto verificando che tutto sia a posto. Imparare l'alfabeto cirillico è stata la prima necessità. Ormai il tabellone degli orari non ci appare più come uno scarabocchio di simboli incomprensibili e riesco a trovare agilmente le indicazioni per il binario. Il lungo treno dondola dolcemente davanti i miei occhi mentre lo sfregare delle rotaie riecheggia nelle orecchie. Cerchiamo il nostro vagone perché è solo su quello che potremo salire. Il primo impatto con la provodnitsa (l’addetta alla carrozza) ferma sulla porta è un po' brusco, ma solo più tardi capiremo il ruolo fondamentale di queste donne. Nessuno sale se prima non mostra il biglietto e il passaporto.

Ogni vagone dispone di 54 posti collocati in gruppi di quattro su un lato e di due sull'altro. Tutti i convogli ferroviari a lunga percorrenza non hanno dei normali sedili ma esclusivamente delle cuccetta. Ogni passeggero dispone quindi di quello che diventerà un vero e proprio letto. In terza classe però non ci sono scompartimenti separati né tanto meno porte. E' come viaggiare in un'unica grande cuccetta collettiva con zero privacy e tanta compagnia.

Ci sistemiamo nelle nostre postazioni, di fronte una coppia di pensionati e una signora con la figlia piccola. Ci guardiamo intorno per capire cosa fare e come comportarci. Nella parte riservata ai bagagli ci sono arrotolati dei materassini, dei cuscini e delle coperte. E' presto e nessuno si è ancora preoccupato di sistemarsi per la notte. Le cuccette inferiori al momento sono usate come delle normalissime panche con i vari passeggeri che si accomodano lì per parlare, solo più tardi si trasformeranno in comodi letti.

Ecco tornare la provodnitsa che ci consegna una busta con tutto il necessario per la notte comprendente lenzuola, federa e asciugamano. Nel frattempo davanti ai nostri occhi increduli si sta consumando un banchetto. Piano piano dalle molte buste dei diversi viaggiatori fuoriesce ogni sorta di ben di dio. Carne, pelmeni, pane, affettati, verdure, non manca proprio nulla. Il pasto si protrae per lungo tempo e così la simpatica signora dai capelli rossi offre anche a noi del cibo. Non possiamo rifiutare, qui non si può non condividere quel che si ha, non si può non accettare, sarebbe una grave offesa. A dirla tutta ne siamo lieti, un semplice gesto che avvicina e accomuna e che consente di superare le barriere linguistiche che ci separano. Analogo risultano ottengono i nostri cordiali sorrisi e gli spasibo pronunciati, azioni banali che però illuminano il suo cuore e il suo volto.

Il caldo diventa sempre più insopportabile e i numerosi finestrini chiusi complicano ulteriormente la situazione. Gli altri passeggeri si sono messi comodi cambiandosi gli abiti e ora girano liberamente in pantaloncini, canottiere e ciabatte. Cerchiamo un po' di refrigerio davanti alla porta del bagno dove si trova l'unico finestrino aperto. L'aria fresca ci asciuga addosso il sudore provocando quel leggero stato di piacere. Qui è un via vai. Ad un metro da noi, dietro la pesante porta che delimita la fine della carrozza, si trova, completamente isolato, un piccolo lembo di vagone dove si può tranquillamente fumare. Sasha e Ivan sono là dentro e stanno fumando e bevendo birra. Scambiamo due parole in un misto di inglese, russo e italiano. Il primo ragazzo è serbo, sono due anni che vive in questa nazione ed ora si sta trasferendo da un amico in cerca di lavoro. L'altro è di Mosca e sta andando in vacanza. Quando scoprono che siamo italiani la prima parola che proferiscono è mafia, al che un sorriso ironico si stampa sui nostri volti. Rim, Roma ripetiamo noi, tutti conoscono la città eterna e ne provano fascino e attrazione. Gradualmente la discussione si sposta sull' argomento in cui gli uomini di tutto il mondo si ritrovano: il calcio. Così una lunga lista di nomi di squadre e giocatori russi ed italiani permettono alla conversazione di proseguire. Ci rivelano che possiamo comprare la birra dalla provodnitsa, che scopriamo essere sempre più la vera protagonista del viaggio e la completa responsabile di tutto quello accade.

Mezz'ora, è il tempo che il treno starà fermo nella nostra prima lunga sosta. La padrona di casa chiude i bagni e noi seguiamo gli altri viaggiatori. Scendendo dal treno subiamo l'ennesima sorpresa. Lungo il marciapiede ci sono diverse babushke con dei carrelli che vendono cibo, bevande e sigarette. Siamo incuriositi in particolar modo da dei pesci essiccati e affumicati di un colore fra il rossiccio ed il marrone. Nonostante il particolare odore non proprio gradevole e l'aspetto poco invitante, qui sembrano essere la specialità locale e molti non esistano a comprarli. All'arrivo di un altro convoglio gli improvvisati venditori ci abbandonano e si spostano in massa in cerca di ulteriori acquirenti.

Stendiamo il materassino, apriamo le lenzuola e tentiamo di prepararci il letto. Impresa non proprio agevole soprattutto per la cuccetta superiore. Arriva in nostra aiuto Elena, una cordiale signora russa. In poco meno di due minuti sistema i nostri giacigli e ci invita a sederci vicino a lei per prendere un tè. Accettiamo di buon grado lieti di fare una nuova conoscenza. Come negli altri incontri comunicare non è agevole, fra monosillabi e gesti riusciamo però a presentarci e a sapere che sta ritornando a casa, dove arriverà fra due giorni. Ci chiede il motivo del nostro viaggio e resta un po' perplessa e meravigliata di scoprire che siamo qui per turismo e non per affari, come generalmente accade. Vorremmo spiegarle che più che turisti siamo dei viaggiatori, che vogliamo confrontarci e comprendere le diverse culture, e che lo scopo finale non è la meta ma il viaggio in se stesso e tutto quello che comporta, come il nostro incontro. Elena si alza con in mano la sua tazza per preparare la bevanda calda. Raggiunge l'inizio dello scompartimento dove si trova il Samovar, un grosso contenitore di acqua bollente, oggetto immancabile e necessario per fare il tè, bibita senza la quale nessuno affronterebbe la lunga traversata. Il Samovar viene mantenuto pieno ed in funzione dalla provodnitsa che provvede anche a noleggiare la tazza nel caso non la possediate, ma per i russi è difficile muoversi senza questo utensile.

E’ notte ormai e sdraiato sul mio giaciglio rifletto su questo mezzo di trasporto lento ed umano che mantiene un contatto costante con lo spazio ed il tempo. Un mezzo che da un secolo è luogo di incontro delle genti e che nel corso degli anni mi ha portato a viaggiare per tutta l’Europa, dall’Atlantico agli Urali, dal Circolo Polare Artico al Mediterraneo. E’ sul treno che ho incontrato migliaia di persone condividendo con loro dei semplici sguardi, qualche frase o giornate intere.

Viaggiare in Russia però è un po' come abitare nello stesso alloggio con zero intimità e tante possibilità di socializzare, di vedere stranezze, di apprendere. Le distanze siderali e l'arte russa di sentirsi a casa ovunque fanno si che ci si porti dietro di tutto: cibo a volontà, bevande, vestiti. Il tempo scorre con un ritmo lento senza frenesie ed ansie di arrivare ma con la consapevolezza di affrontare un lungo viaggio. E poi c’è lei, la provodnitsa, regina assoluta che come una vera e propria donna di casa bada e cura la sua abitazione e tutti i suoi ospiti.

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